Sete fruscianti per un capolavoro senza tempo

Intervista a Carlo Poggioli, costumista della serie Netflix Il Gattopardo

a cura di Alessia Marullo 1ªS1 Liceo Scientifico

Con la mia classe, la 1ªS1, ho avuto la fortuna e il privilegio di intervistare Carlo Poggioli, che insieme ad Edoardo Russo ha creato i costumi della recente serie Netflix Il Gattopardo. Carlo Poggioli, che ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato, per i retroscena e per il sapiente dettato di vita, diplomatosi a Napoli all’Istituto d’Arte e all’Accademia Di Belle Arti nel corso di Scenografia e Costumi, ha iniziato la sua formazione professionale presso la sartoria Tirelli, lavorando come assistente per alcuni dei più importanti costumisti italiani come Gabriella Pescucci e Piero Tosi. Di quest’ultimo Poggioli dice: “Ho lavorato con lui dal 1990. Sono stato suo assistente: è stato il mio mentore per tutta la mia carriera. Avevo dei racconti straordinari di tutti i film di cui lui ha curato i costumi. Grazie ai suoi racconti, avevo una visione molto chiara di quelle che sono state le difficoltà sul set de Il Gattopardo.” Naturalmente Il Gattopardo diretto da Luchino Visconti. Grazie al racconto di Tosi, Poggioli ha potuto apportare alcuni accorgimenti agli abiti realizzati per la serie. Ad esempio, ha alleggerito molto stoffe, sottogonne e corpetti considerando la calura siciliana; ancora la scelta dei colori è stata più decisa in considerazione del carattere e del temperamento del personaggio. Ricorda ancora Poggioli: Tosi mi diceva “se usi i fiori sulle scollature devono essere leggeri”. Li ho fatti in organza e pensavo sempre ai suoi consigli, li appoggiavo sui capelli e il décolleté facendo continue raffinatezze e pensando a come avrebbero potuto rispecchiare il carattere del personaggio […]

(Per l’intervista completa si rimanda al video allegato)

Oggi Poggioli è tra i più importanti costumisti italiani, lavora per il cinema, per la televisione e il teatro e ha realizzato costumi per film e registi prestigiosi come Paolo Sorrentino. È di queste ore la sua candidatura ai David di Donatello 2025 per i costumi del film “Parthenope“.

Di seguito alcune considerazioni sulla serie e sul romanzo di G.T. Di Lampedusa.

Avvincente a dir poco la recente serie Netflix Il Gattopardo, che ha visto tra i protagonisti Kim Rossi Stuart, nei panni del Principe di Salina, Saul Nanni (Tancredi), Benedetta Porcaroli (Concetta) e Deva Cassel (Angelica). Coraggiosa e riuscita la prova dei due sceneggiatori Richard Warlow e Benji Walters, che oltre alla difficoltà di riprodurre un racconto epico, quello della Sicilia del 1860, hanno rischiato inevitabilmente il confronto con il capolavoro di Luchino Visconti, che ha da poco compiuto sessant’anni. La serie Netflix, rispetto al film di Visconti, è più fedele al romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958 per i tipi della Feltrinelli e vincitore del Premio Strega l’anno successivo. Gli sceneggiatori in particolare, prendendo spunto da uno degli ultimi capitoli del romanzo, hanno dato particolare enfasi al personaggio di Concetta, la figlia amata del principe, tormentata da un amore irrealizzato per Tancredi, che le ha preferito la bella e ricca Angelica.

È stata proprio questa singolare rilettura del romanzo, a mio giudizio, che ha reso la serie particolarmente gradita ad un pubblico giovane che si è lasciato sedurre dal fascino di Tancredi, un giovane rampante, pronto ad affrontare ogni cambiamento pur di conservare i privilegi di una casta economicamente al tramonto. Grande empatia ha suscitato anche Concetta, con un caleidoscopio di emozioni provate e trasmesse. Amore, gelosia, attaccamento filiale fino al sacrificio, Concetta è la vera interprete ed erede dei valori di una famiglia oramai decaduta.

Sullo sfondo una Sicilia vasta e assolata, una vegetazione arsa e lussureggiante, splendidi palazzi barocchi e cura per i dettagli, cornice ad una attenta ricostruzione storica dello sbarco dei Mille e il conseguente tramonto della dinastia borbonica, fino al Plebiscito che avrebbe consegnato l’isola al costituendo regno d’Italia.

Con la mia classe, nell’ambito di un più ampio progetto di lettura, ho avuto modo di confrontarmi sulla serie e sul romanzo, cogliendo analogie e differenze.  Abbiamo approfondito alcune scene, come quella del pranzo a Donnafugata, che segna il debutto sociale di Angelica, figlia del sindaco Sedara, accompagnato da un torreggiante e fumante timballo di maccheroni, divenuto poi piatto forte della cucina siciliana con il nome di Timballo del Gattopardo. Altra scena iconica è quella del ballo, che segna l’inevitabile mescolanza tra la borghesia rampante ma spesso inadeguata rappresentata da don Calogero Sedara, e gli aristocratici “gattopardi” sulla via del tramonto. Tutto riprodotto nella serie televisiva con particolare cura dei dettagli, attenta ricostruzione degli interni e soprattutto con abiti eleganti e minuziosamente curati.