Scene da “Freud, l’ultima analisi”

a cura di Italo Grasso, classe 5ªS1

Freud, l’ultima analisi, terzo dei quattro film della rassegna “Buio in sala!”, organizzata dalle Classi Quinte del Liceo Scientifico, è un film pubblicato nel 2023 e diretto dal regista americano Matt Brown. La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’omonimo dramma di Mark St. Germain, a sua volta tratto dal saggio The Question of God di Armand Nicholi. La trama verte attorno all’incontro, in realtà mai avvenuto, tra due delle più brillanti menti del XX secolo: da un lato Sigmund Freud, neurologo, psicanalista e filosofo austriaco, nonché fondatore della psicanalisi, dall’altro Clive Staples Lewis, scrittore, saggista e teologo britannico, nonché uno dei padri della narrativa fantasy. Il film è ambientato a Londra il 3 settembre 1939, due giorni dopo l’invasione da parte di Hitler della Polonia che portò allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nella capitale britannica, dove Freud si trasferì per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei in seguito all’annessione dell’Austria al Terzo Reich, egli avrebbe effettivamente ricevuto la visita di un assistente di Oxford, ma è improbabile che si trattasse dello scrittore irlandese. Nonostante ciò, essa ha fornito lo spunto che ha portato alla realizzazione di quest’opera che ci permette di osservare da vicino queste due affascinanti personalità. Freud, interpretato magistralmente da Anthony Hopkins, è ormai al termine della sua vita, alla quale porrà fine definitivamente 20 giorni dopo, consumato da un carcinoma alla bocca, e ciò contribuisce alla rappresentazione del personaggio in chiave molto intima e umana. Lewis, d’altro canto, interpretato da Matthew Goode, non ha ancora scritto il capolavoro che gli consegnerà fama internazionale, ed è spesso sopraffatto dall’ingombrante personalità dell’interlocutore. Il motivo dell’incontro sarebbe la pubblicazione, da parte di Lewis di Le due vie del pellegrino, opera moraleggiante e dall’impostazione allegorica con cui prova a raccontare la sua conversione ad una convinta fede cattolica. Il testo raggiungerebbe così la scrivania di Freud, che lo invita a casa propria per discuterne il contenuto.

Emerge dunque chiaramente il primo dei numerosi temi di carattere esistenziale che domineranno la fervida e stimolante discussione: Freud è infatti un ateo convinto, e si è espresso fortemente nel corso della sua carriera nei confronti della religione, definendola “nevrosi ossessiva universale dell’umanità”, legata ad un profondo desiderio dell’uomo di trovare una figura “paterna” nella quale cercare rifugio dalla crudeltà del fato e della vita. Lewis, invece, dopo una fase di ateismo razionalistico e idealistico professato e vissuto, è giunto, grazie anche all’intercessione di alcuni amici tra cui il celebre J. R. R. Tolkien, alla conversione, raccontata anche nella sua autobiografia, che ha fatto nascere in lui una forte fede cristiana, legata ad un meticoloso studio dei testi sacri che vediamo anche nel corso del film. Le posizioni dunque diametralmente opposte dei due protagonisti sono così accompagnate da numerosi flashback, che ci permettono di esplorare da vicino gli eventi salienti delle loro vite e comprendere meglio le peculiari conseguenze che hanno avuto sulle rispettive visioni della vita.

Vediamo in particolare scene legate all’età infantile, che in entrambi i personaggi è stata segnata da particolari rapporti con le figure genitoriali o addirittura dalla loro assenza, come nel caso di Lewis, la cui madre morì quando egli aveva solo 10 anni. In relazione ai rapporti familiari si inserisce senza dubbio la figura di un altro personaggio, ossia la figlia di Freud, Anna, interpretata dall’attrice tedesca Liv Lisa Fries. Anch’essa psicanalista di grande successo, vive un complesso di Edipo mai risolto e un morboso rapporto con il padre, il quale non riesce ad accettare la relazione omossessuale che la figlia ha con la collega Dorothy Burlingham. Scena emblematica è senza dubbio quando, dopo una chiamata del padre, Anna abbandona i propri impegni di docenza e inizia a girare per Londra in ricerca della morfina, in preda al bisogno di servirlo dovuto ad un chiaro disturbo dell’attaccamento “diagnosticato” stesso nel film. Oltre a questi filoni principali la narrazione esplora numerose altre tematiche, alcune anche molto attuali. Una è indubbiamente quella della guerra: ci viene infatti mostrata l’agitazione che pervade l’atmosfera della capitale inglese, la quale si prepara all’imminente conflitto, e soprattutto tocchiamo con mano le devastanti conseguenze psicologiche che partecipare ad un conflitto ha sui veterani.

Quando infatti, in seguito ad un allarme antiaereo, i due protagonisti devono recarsi in un bunker, lo scrittore irlandese è vittima di un forte attacco di panico, facendo rivivere a lui e a noi spettatori le drammatiche immagini delle esperienze della prima guerra mondiale. Al ritorno dal bunker, sarà poi lo stesso Freud a proporgli quello che secondo me è uno degli spunti principali dell’intero film: che fine fa in quei momenti di terrore la così forte fede che lo scrittore sente di possedere? Perché egli si abbandona al panico e non riesce invece a trovare conforto nella sua religione? La risposta che si dà lo psicanalista è cinica e sprezzante: “nel profondo del nostro essere, siamo tutti codardi davanti alla morte”, evidenziando una visione della natura umana condannata dalla propria condizione di miseria e sofferenza. In conclusione “Freud, l’ultima analisi” racchiude in sé un’innumerevole quantità di tematiche e spunti di riflessione, e ci permette di vederli discussi e dibattuti in un’indagine dialettica incarnata da due delle più intellettivamente stimolanti figure del secolo scorso. Un film da guardare con l’inarrestabile volontà di interrogarsi su tutti quei quesiti che hanno impegnato le più grandi menti di ogni tempo, e di cui ci vengono presentate due visioni indubbiamente degne di nota.