Per restringere sempre più il campo visivo di un telescopio si può utilizzare una lente di Barlow, allo stesso modo, noi abbiamo pensato di illuminare nitidamente una delle tante cooperative di produzione, la Cantina di Solopaca, perché ciò che ci appartiene da sempre non passi inosservato, ma dia senso e consistenza ai nostri itinerari futuri.
Avvicinare il Sannio vuol dire riconoscere l’importanza delle molteplici attività che ne costituiscono il tessuto produttivo, superando la miopia di una formazione solo teorica e l’idea che un processo di crescita possa alimentarsi solo nello spazio limitato di un’aula.
Orientarci nel presente del Sannio significa immaginare il nostro futuro nella bellezza di un paesaggio antropico che è esperimento e memoria, innovazione visionaria e concretezza atavica.
Fare impresa come da Regolamento
Come in ogni mito delle origini, i padri fondatori della Cantina di Solopaca si mossero, nel lontano 1966, spinti dalla necessità di sconfiggere un nemico che allora aveva il volto dei commercianti e degli intermediari di uve e di vini che speculavano sulle annate agrarie e sull’andamento climatico. Il coraggio visionario di quei pionieri è stato sicuramente premiato e i risultati sono davanti ai nostri occhi: oggi la cooperativa è composta da cinquecento soci coltivatori, produce annualmente 110 mila ettolitri di vini, il suo mercato privilegiato è la Campania che assorbe l’80 per cento della produzione, mentre il restante 20 per cento è destinato al mercato nazionale ed estero. Tra i vini classificati come prima categoria troviamo denominazioni quali: Sannio D.O.C., Sannio D.O.C. Sottozona Solopaca, Sannio D.O.C. sottozona Solopaca Classico e Falanghina del Sannio D. O. C., Aglianico del Taburno D.O.C.G., Falanghina del Sannio D.O.C. Sottozona Taburno Biologico, SANNIO D.O.C. Aglianico Biologico …
Lo Statuto sociale stabilisce le modalità di selezione dei soci coltivatori; le loro schede e i fascicoli aziendali costituiscono il catasto vitivinicolo della Cantina, aggiornato annualmente. Lo Statuto regolamenta, inoltre, i tempi e le modalità dell’allevamento dei vitigni e della raccolta delle uve, obbliga i coltivatori al conferimento dell’intera produzione, fa loro divieto di vendere le uve privatamente o di produrre vino destinato al mercato, pena l’esclusione dalla cooperativa e l’applicazione di una sanzione pecuniaria.
I disciplinari di produzione dei singoli vitigni stabiliscono le rese massime di uva per ettaro e i titoli alcolometrici volumici naturali minimi.
Scorrendo l’attuale Regolamento si coglie l’esigenza primaria di tutelare la qualità del prodotto finale, visibile, per esempio, nell’incremento di prezzo previsto per le uve con più elevata gradazione zuccherina (grado Babo); una qualità che non impedisce l’innovazione, conciliandola con le prassi sperimentate, basti pensare alla raccolta meccanizzata, consentita, ma solo per le uve di seconda e terza categoria.
Il laboratorio enologico
La Cooperativa dispone di un proprio laboratorio di analisi enologiche con strumenti all’avanguardia come il distillatore elettronico, il misuratore di stabilità tartarica, l’analizzatore enzimatico e quello multiparametrico.
L’enologa Domenica Luciano, nel corso degli incontri, ci ha parlato del processo di fermentazione delle uve, delle tante analisi chimiche che devono essere eseguite, dell’importanza della presenza naturale di sostanze azotate nel mosto, del grado zuccherino e, ancora, di pH, solforosa, acidità, torbidità, stabilità proteica, stabilità tartarica, ossigeno disciolto …
Abbiamo avuto modo di sperimentare il funzionamento del distillatore elettronico per la determinazione dell’alcol e dell’acidità volatile; utilizzando un titolatore potenziometrico automatico, abbiamo misurato l’anidride solforosa, uno dei parametri chimici più importanti del vino, in quanto la SO2 libera e la SO2 molecolare costituiscono una protezione nei confronti dell’ossidazione di natura chimica, inibiscono lo sviluppo di numerosi microrganismi e fissano l’ossigeno presente nel vino, conservandone il gusto e l’aroma naturale.
Arte, ricerca e sviluppo
Su una porticina laterale scorgiamo una piccola targa, ARS – Arte, Ricerca e Sviluppo: all’interno c’è un laboratorio di ricerca; tra piccoli silos e strumentazione enologica varia, su un piccolo tavolo, in bella mostra, scorgiamo i campioni di terreno e i vini frutto della recente sperimentazione; apprendiamo che, attraverso la micro-vinificazione, i tecnici selezionano costantemente nuovi sapori, aromi e colori, rispondendo alle sollecitazioni di un mercato in rapida evoluzione.
Assistiamo ad un processo d’imbottigliamento 4.0, visitiamo la maestosa bottaia, con le sue botti da 80 ettolitri, impariamo a distinguere le barriques dai tonneaux, familiarizziamo con i metodi di produzione dello spumante Charmat e Champenoise.
Nel piazzale antistante alla Cantina scorgiamo delle capriate metalliche: il Prof. Lucio D’Amico, il tutor d’azienda, ci spiega che sono pronte a sostenere ulteriori pannelli fotovoltaici; l’intento è quello di realizzare l’autonomia energetica della Cooperativa, vale a dire arrivare a produrre 400 kilowatt di energia elettrica sufficienti a soddisfare il fabbisogno quotidiano.
La progettualità avviata, con l’ausilio dei finanziamenti della Coldiretti e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è ambiziosa: puntare sul turismo enogastronomico, rinnovare il punto vendita, il parcheggio e le vasche di fermentazione delle uve, investire sulla produzione biologica e sul marketing per cercare di affermarsi anche nel difficilissimo mercato estero.
Il futuro del vino del Sannio
Mentre non sono ancora valutabili gli esiti dei dazi americani sul mercato del vino italiano e l’intero settore è in una fase di attendismo, noi studenti proviamo a metterci nei panni dei produttori e a immaginare con loro un futuro prossimo sostenibile.
Fare impresa significa anche avere come obiettivo la marginalità, misurare costantemente la differenza tra costi e ricavi: negli ultimi anni quest’ultima si è assottigliata a causa degli effetti del Covid -19, di eventi climatici estremi che hanno comportato due vendemmie di non piena produzione. A ciò bisogna aggiungere l’aumento sproporzionato dei costi, tra cui quello del denaro. Un aumento del prezzo del vino, d’altro canto, potrebbe significare uscire dal mercato o gravare troppo sui consumatori, come sostengono gli esperti del settore.
Ciò che la nostra terra offre è non solo un prodotto di qualità, ma un contesto che è natura e tradizione, patrimonio ambientale e culturale. Il Sannio allora deve riappropriarsi della propria narrazione, una narrazione diretta da parte di chi lavora, vive e abita i luoghi, per avvicinare gli altri alla propria bellezza, con un lessico esperienziale che racconti in modo semplice ed emozionale i frutti della terra e del proprio ingegno, nel momento stesso in cui materialmente li porge e li condivide.
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